VOTO: 5

In Italia c’è un orribile tendenza in tutti i generi del Rock, ma anche dei generi principali che ruotano nel circuito mainstream e midstream: Ie canzoni vengono spesso ultrasemplificate, l’unica cosa che si lascia è il sentore di ciò che le band inventori del genere vogliono trasmettere.
Gli Elephant Brain sono una delle band di punta del nuovo Rock italiano, filone cappeggiato dai Fask, dai Ministri e da Vintage Violence. Rispetto a queste band sopra citate quella con cui hanno più affinità sono i Fask, complice anche la collaborazione con Jacopo Gigliotti in veste di produttore.

“Canzoni da odiare”, fuori per Libellula Music dall’11 novembre 2022, conferma quello visto col debutto “Niente di speciale”. Tutto l’album si regge su una serie di cori portatori di ideali giovanili, sfoghi catartici dove qualsiasi esponente della tarda x generation(quelli under 35) e la y generation può rispecchiarsi; il problema è il come.

La struttura sonora usata per i 9 brani dell’album(per la precisione 7, la prima e l’ultima sono un intro e un outro) sembra priva d’elaborazione eccessiva. I brani hanno tutti una struttura ultra quadrata e prevedibile, roba già abbondantemente sentita da Blink 182, My Chemical Romance e No use for a Name, non tiene minimamente conto dei passi avanti fatti fare al genere ad esempio da band come gli Origami Angels o i Joyce Manor. Non guarda neanche ai sempiterni Husker du e la loro discografia con inifinitissimi spunti per creare musica nuova.

Non mancano dei sussulti più coraggiosi tra i riferimenti: qua e la si possono sentire idee familiari ai Killers (alcune idee tipicamente Post Punk) e i DIIV nel sentore Dreamy che si respira lungo tutto l’album. aspetti mai elaborati a dovere. Il brano migliore è sicuramente “Calamite”: dopo un intro estremamente essenziale, ben congegnato il crescendo strumentale e discrete parti di batteria che tengono incollate tutti gli altri strumenti.

Il Punk rock ha sicuramente tre motivi per cui è nato: sfogo catartico per l’ascoltatore, una porta con cui liberarsi da condizionamenti culturali e un istillatore d’inventiva. Il primo è ampiamente compiuto, gli altri due siamo ancora abbondantemente sotto l’insufficienza, un peccato se consideriamo l’importanza che la band in italia sta rivestendo: rimaniamo fiduciosi in una prossima evoluzione e maturità.

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